Hercules
e la leggenda del fuoristrada
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a cavallo tra gli anni '60 e '70
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Italia & U.S.A.
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Come abbiamo accennato nella prima parte della nostra storia è la ditta Enea Rossi di Milano che inizia ad importare gli Hercules in Italia già nel 1966 sull’onda del debordante successo dei 50 cc di Heinz Brinkmann e compagni alla XVIII Valli Bergamasche dell’anno precedente.
In realtà il signor Enea Rossi non esiste, l’artefice di tutto porta il nome dello scomparso Enea Roncaroli, la cui ditta nel ‘66 è già rappresentante per Italia del gruppo Sachs e da qui a commercializzare le moto Hercules il passo è molto breve.
Acquistare un Hercules resta in ogni caso un discreto investimento (un K 50 GS costa 295.000 lire, ovvero la metà di una Fiat 500), per questo non tutti gli appassionati piloti potevano permettersi moto del genere ed erano costretti a ripiegare sul più accessibile mercato nazionale.
Il panorama regolaristico italiano inizia comunque a costellarsi di affermazioni di piloti in sella alle 2 tempi tedesche dove anche le amiche/nemiche Zündapp fanno la loro comparsa, ma nessuna assistenza o ricambistica privilegiata viene riservata ai nostri piloti.
In realtà, per dirla tutta, le prime 2T tedesche che si sono viste in Italia alle Valli già nel 1959, sono state le Zündapp mentre la prima volta di Lorenz Müller su un K 103 GS è del ’61: 15° e primo degli stranieri.
Dobbiamo però aspettare l’Agosto del 1969 per poter vedere pubblicata in Italia la prova della K 100-125 GS completa della sua bella batteria e delle frecce come vuole il codice della strada tedesco, ma come all’epoca vieta quello italiano.
Enea Rossi continua ad importare le Hercules fino al 1973 anno in cui il testimone passa alla Playmotor di Tullio Masserini che parte direttamente con il marchio DKW proprio a sottolineare il generale cambio di rotta e di gestione anche della casa madre.
Quando poi cessa l’esportazione delle Hercules verso l’Italia, salvo qualche lampo residuo tra il ’78 e il ’79, l’Enea Rossi, tuttora attiva, rimane comunque il distributore unico dei motori Sachs e DKW nonché dei relativi ricambi.

Anche negli U.S.A. le importazioni, con il marchio Sachs, iniziano intorno al 1966 sull’onda della partecipazione dell’americano C. ’Hockie' Hochderffer alla XLI ISDT svedese di Villingsberg dove gli viene messa a disposizione una Hercules 103 ufficiale in sella alla quale conquista una medaglia d'argento.
Vengono, probabilmente, importati qualche 50 e dei 103, ma fino ad ora non ne abbiamo trovata traccia. Dal 1967 il modello più diffuso è l'80 cc, in pratica il nostro 75, chiamato Boondocker, seguito poi, nel 1968, dal 100 e dal 125 cc in tre diverse versioni.
I telai sono ovviamente del primo tipo con l'archetto imbullonato che sostiene il parafango posteriore, ma con il carter catena corto, sella corta con profili laterali in alluminio, i parafanghi cromati ed il serbatoio a goccia cromato con la fascia centrale dipinta con doppio filetto.
Particolare è la colorazione dei serbatoi che distingueva, salvo eccezioni, i diversi modelli: rossa per l'Enduro, blu per il Cross Country, giallo per il Moto Cross e bronzo per il Boondocker, da “boon” gioviale, congeniale e “docker” scaricatore di porto, che era un nome d'immagine infatti nella prova del K 80 GS su Cycle World del 1968 scrivono "call it boondocker for short" chiamatelo amichevolmente boondocker.
Queste moto sono usate fino agli inizi degli anni settanta principalmente per le gare nei deserti californiani, come la Baja 500, dove la forcella Earles risultava particolarmente efficace.
Negli anni successivi però l'esigenza di incremento delle prestazioni favorì l'affermazione di cilindrate sempre maggiori e un discreto successo arrise alle Greeves, guarda caso, con l'anteriore tipo Earles!
Una particolarità dei motori venduti negli Stati Uniti era che quasi tutti montavano teste con le alette dritte anche se in alcune pubblicità le moto apparivano con le teste a ventaglio.
L'importazione proseguì anche nei primi anni 70 quando al marchio Sachs si affiancò quello DKW, che montava il telaio con l’archetto posteriore rialzato, per poi tornare, nel 77/78 agli Hercules con motore sette marce.

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